Rischio sismico, prevenzione e restauro del patrimonio storico

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Fino a circa la metà del 1800 le regole a cui il progettista si affidava per calcolare gli edifici e la loro stabilità, erano basate su leggi dell’equilibrio statico e su dimensionamenti di tipo proporzionale, frutto dell’esperienza costruttiva e di regole di buona pratica edilizia.

Dopo il verificarsi di importanti terremoti, nella seconda metà dell’ottocento e dei primi del novecento (terremoto di Messina del 1908), si cerca stabilire il comportamento delle strutture alle sollecitazioni generate dal sisma. Ma se questo è stato relativamente agevole per le nuove strutture con intelaiatura metallica o in cemento armato, assai più difficile lo è stato per gli edifici storici, tradizionalmente costruiti con struttura muraria sviluppatasi nel territorio locale e nel tempo in diverse tipologie e caratteristiche distinte.

Infatti non è raro che gli interventi di consolidamento realizzati nel secolo scorso al nostro patrimonio edilizio storico siano risultati inefficaci o addirittura dannosi, comportando spesso una pesante modifica dell’esistente, con consistenti demolizioni e ricostruzioni parziali che, per essere efficaci, hanno irrimediabilmente modificato l’intima essenza del manufatto originale.

Molto spesso la visione limitata e talvolta eccessivamente settorializzata di alcuni tecnici, ha condotto a eseguire riparazioni e/o adeguamenti solamente locali dell’edificio malato, ricorrendo per esempio alla sostituzione di tetti e solai tradizionali con pesanti e rigide solette in cemento armato che hanno, quasi sempre, peggiorato il comportamento delle strutture murarie alle sollecitazioni del terremoto, minandone la stabilità e la risposta sismica anziché migliorarla.

Relativamente di recente, ma solo dopo il ripetersi di terremoti devastanti, si è compreso che è necessario approcciare all’edificio in modo diverso  sia in fase di prevenzione che di riparazione del danno dell’evento sismico, studiando l’edificio globalmente per conoscerne il comportamento dell’originale struttura in muratura.

L’approccio allo studio per l’elaborazione di strumenti per affrontare il rischio sismico è diventato fortunatamente più scientifico e metodologico e sono state elaborate le Linee Guida per la valutazione e la riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale, mettendo a punto norme tecnico-giuridiche per definire i criteri di valutazione qualitativa e quantitativa della sicurezza dal rischio sismico.

Il primo passo necessario per un’efficace campagna di prevenzione, è quello di conoscere, attraverso un percorso metodologico, l’effettivo stato di conservazione del bene e la sua intima natura, il rapporto del manufatto con il territorio in cui è ubicato e l’analisi della sua struttura.  Si tratta di indagini conoscitive che permettono l’identificazione degli elementi resistenti, dei materiali con i quali sono stati realizzati, del loro stato di dissesto e degrado e della natura del sottosuolo e delle strutture di fondazione. Si determina così un modello interpretativo dell’edificio che riassumerà un suo comportamento strutturale in differenti situazioni statiche e dinamiche.

Il passo successivo è quindi quello di calcolare la vulnerabilità del bene nei confronti del sisma. Con l’aiuto di modelli matematici, definiti in funzione della tipologia di stabile, si valuta la vulnerabilità  sismica dell’edificio, cioè il comportamento descritto attraverso una legge causa-effetto, in cui la causa è il terremoto e l’effetto è il danno. Si individuano tre soglie di vulnerabilità, bassa, media ed elevata, permettendo di calcolare attraverso metodi di analisi, lo stato di sicurezza sismica del bene.

Individuando così tre livelli di valutazione, si riescono a determinare le soluzioni più critiche e a pianificare gli interventi di miglioramento delle strutture che possono riguardare singole parti o l’intera struttura.
La scelta del tipo di intervento dipende da molteplici fattori, non solo tecnico-scientifici, ma anche di tipo culturale, aderendo ad una determinata filosofia del restauro, piuttosto che ad un’altra. Tendenzialmente si cerca di adottare la soluzione meno invasiva, che si integra al meglio con la struttura esistente evitando modifiche radicali. Gli interventi scelti comunque hanno lo scopo di ridurre la vulnerabilità dell’edificio ed aumentare le capacità di resistenza alle sollecitazioni sismiche.

Il tipo e l’entità del miglioramento sismico poi dipenderà dal livello di sicurezza che si vuole far acquisire al manufatto oggetto di intervento:
– per la garanzia della sola conservazione dell’involucro edilizio si richiede che non sia raggiunto lo stato limite ultimo (SLU) cioè di collasso, garantendo quindi l’incolumità degli occupanti ma l’edificio, pur sopravvivendo al sisma, ne risulterà piuttosto danneggiato;
– per quei manufatti per i quali si vuole garantire anche l’agibilità e quindi un lieve stato di danno, la sicurezza deve essere tale che non si raggiunga lo stato limite di danno (SLD).

Infine se l’edificio contiene apparati artistici di particolare pregio, si potrebbe richiedere il rispetto dello stato limite di danno per i beni artistici (SLA), ovvero quel grado di sicurezza che assicura danni di modesta entità tali da poter essere restaurati senza significative perdite di valore. Fermo restando che la prevenzione rispetto al verificarsi dell’evento sismico è l’arma migliore per proteggere il vasto e prezioso patrimonio edilizio storico italiano (cosa che purtroppo non si riesce ad attuare sia per mancanza strutturale di fondi, sia per il solito atteggiamento ed interesse italiano di intervenire a danno avvenuto in regime di emergenza, senza prevedere un piano programmato di interventi preventivi che, in sostanza, condurrebbe ad un importante risparmio economico nonché di immagine collettiva) nel caso di evento sismico bisognerà procedere ad una metodologica e corretta valutazione dei danni, da cui partire per fare una stima economica e individuare gli edifici recuperabili, stabilendo priorità e tecniche di intervento per la messa in sicurezza.

Parallelamente bisogna recuperare e mettere al sicuro anche le opere d’arte mobili e quelle provenienti dagli archivi storici.
Nella rimozione delle macerie sarà necessario attuare una ricognizione attenta di tipo archeologico per recuperare i frammenti significativi di parti architettoniche ed artistiche classificandole e catalogandole per poi ricostruirle come in un gigantesco puzzle.
Nella logica di restituire il prima possibile una zona o un centro storico alla sua popolazione è necessario fare delle scelte di priorità su quello che si vuole conservare e quello che per necessità deve essere demolito perché non è possibile metterlo in sicurezza o perché non ha effettivamente più un senso rimetterlo in piedi. Questo è necessario per evitare che la popolazione abbandoni una zona con il conseguente rischio che non venga più restaurato il patrimonio superstite ottenendone così un danno culturale di entità ancora maggiore.

In questa concezione non è sconvolgente pensare alla sostituzione di certi edifici eccessivamente danneggiati rimpiazzandoli con opere architettoniche di maggior valore. Non esiste però una ricetta universalmente valida per fare ciò. Si renderebbe necessario uno studio caso per caso condotto da equipe di grande cultura storico-artistica, creando “vestiti su misura” per ogni situazione. È  indispensabile cogliere il consiglio di persone esperte e competenti che riescono a dare valutazioni oggettive e distaccate, prive di emozioni legate al ricordo dei luoghi altrimenti si rischia di trincerarsi dietro a malinconie ed immobilismi senza senso.

 

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Gianluca Centurani

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