Lavori in quota: togliere la scala è reato? No, è simpatia…

Scherzi a parte, è reato. Anche se sei il proprietario di casa, e togli la scala a chi lavora sul tetto, sei colpevole di violenza privata. La sentenza della Cassazione.

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Certo che è reato, lo dice una sentenza della Cassazione. Obbligare una persona che sta eseguendo lavori in quota a restare su un tetto, su un soppalco o su una qualsiasi superficie rialzata, impedirgli di scendere perché si toglie la scala che avrebbe dovuto usare per scendere: è reato.

Il testo unico 81/2008, articoli 105 e seguenti, ci dà la definizione di lavori in quota: “un’attività lavorativa che espone il lavoratore al rischio di caduta da una quota posta ad altezza superiore a 2 m rispetto a un piano stabile”. Questo rischio raggiunge il suo massimo nei cantieri temporanei e mobili (come nel caso dello “scherso della scala”): interessa infatti tutte le attività lavorative che espongono i lavoratori a rischi di caduta da più di 2 metri, e in particolare interessa i manutentori di fabbricati e/o di impianti.
Gli addetti, in relazione alle protezioni adottate dal datore di lavoro, devono sempre operare nel rispetto delle norme sulla sicurezza, con dispositivi di protezione individuale. L’utilizzo dei dispositivi di protezione individuale contro le cadute dall’alto è subordinato all’avvenuto addestramento dell’operatore. Ma se qualcuno toglie la scala al lavoratore, nulla possono i dispositivi e le norme di sicurezza..

Se una persona fa manutenzione su un tetto e qualcuno, per fargli uno scherzo o un dispetto, gli toglie la scala appoggiata alla parete dell’edificio che è servita a chi è sul tetto per salire e che gli sarebbe servita per scendere. E il malcapitato rimane sul tetto per svariati minuti fino a che non gli viene restituita la scala.

Non importa che a sottrarre la scala sia il proprietario dell’abitazione su cui l’uomo è salito senza autorizzazione e che lo faccia per difendere la proprietà privata. Non si può parlare di esercizio arbitrario delle proprie ragioni o di legittima difesa.

Un comportamento di questo tipo è reato di “violenza privata”. L’ha chiarito la Cassazione la sentenza 23391/17 del 12 maggio 2017. In tutti i casi scatta il reato (più grave) di violenza privata per il quale il codice penale prevede la reclusione fino a quattro anni. Essendo un reato che prevede una pena inferiore a 5 anni, il colpevole può chiedere il beneficio della “tenuità del fatto”, cioè archiviazione del procedimento penale e la non applicazione delle sanzioni. Comunque, chi è stato costretto a rimanere sul tetto perché non ha più la scala, può chiedere il risarcimento del danno.

Redazione Tecnica

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