Chiusura di un balcone o terrazzo: serve il permesso di costruire?

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Come tutte le settimane, ecco una selezione delle massime di alcune sentenze di interesse in materia di edilizia e urbanistica, pubblicate nel corso dell’ultima settimana. Gli argomenti oggetto delle pronunce sono:

  • Chiusura di un balcone o di un terrazzo – titolo edilizio necessario;
  • Vano adibito a servizi igienici – esclusione della configurabilità di volume tecnico – necessità del permesso di costruire;
  • Agibilità – necessaria regolarità edilizia-urbanistica dell’edificio;
  • Intervento di ricostruzione di un rudere – qualificazione.
  • Salvaguardia in caso di contrasto dell’intervento edilizio con le nuove disposizioni urbanistiche adottate – applicabilità alla DIA;

Chiusura di un balcone o terrazzo: che titolo edilizio serve?

Estremi della sentenza: TAR Lombardia, sez. I Milano, sent. 18 aprile 2017 n. 889
Massima: Serve il permesso di costruire per la chiusura di un balcone o del terrazzo di un appartamento che integra trasformazione del vano in superficie abitabile, con creazione di maggiore volumetria

 

Per giurisprudenza pacifica, la chiusura di un balcone o del terrazzo di un appartamento che integra trasformazione del vano in superficie abitabile, con creazione di maggiore volumetria, deve essere necessariamente preceduta dal rilascio della concessione edilizia, quali che siano gli intenti del soggetto che realizza l’abuso in ordine alla destinazione del locale ricavato dalla chiusura del vano, determinando l’intervento edilizio una variazione planivolumetrica ed architettonica dell’immobile nel quale vengono realizzati (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. III, 6.7.2016, n. 3367).

… E per il balcone che diventa veranda?

Nuovo vano adibito a servizi igienici: serve il permesso di costruire?

Estremi della sentenza: TAR Campania, sez. II Napoli, sent. 19 aprile 2017 n. 2142
Massima: I vani adibiti a servizi igienici non costituiscono volume tecnico sottratto al regime del permesso di costruire

 

I vani adibiti a servizi igienici non costituiscono volume tecnico sottratto al regime del permesso di costruire, giacché la nozione di volume tecnico si riferisce alle sole opere edilizie destinate a contenere gli impianti serventi di una costruzione principale che non possono essere ubicati all’interno della stessa, sicché un vano completamente chiuso adibito a w.c., con aumento di cubatura complessiva, costituisce un’opera pienamente rientrante nell’ambito della ristrutturazione edilizia di cui all’art. 10, comma 1, lett.c, del D.P.R. n. 380/2001, soggetta al regime del permesso di costruire (cfr. TAR Campania, Napoli , sez. II, 17 maggio 2016, n. 2539; sez. II, 11 settembre 2015, n. 4429; sez. IV, 12 dicembre 2012, n. 5108).

Agibilità: è necessaria la regolarità edilizia-urbanistica dell’edificio

Estremi della sentenza: TAR Puglia, sez. I Lecce, sent. 18 aprile 2017 n. 595
Massima: La regolarità sotto il profilo edilizio dell’edificio rappresenta un requisito necessario ai fini del rilascio dell’agibilità

 

La regolarità sotto il profilo edilizio dell’edificio rappresenta un requisito necessario ai fini del rilascio dell’agibilità, sicché nei casi di accertata assenza dei titoli edilizi richiesti dalla legge in relazione al tipo di opere in discussione, l’Amministrazione può negare l’agibilità, senza che possa operare in favore dell’istante l’istituto del silenzio assenso, stante il tenore letterale dell’art. 25 del TU Edilizia circa la necessaria esistenza del titolo abilitativo e della conformità tra tale titolo e il progetto.

Invero, l’art. 24 del TU Edilizia legittima alla presentazione della domanda di agibilità solo coloro che risultano “titolari del permesso di costruire” o hanno “presentato scia o dia”, stabilendo la necessaria produzione da parte dell’istante di documenti (copia della dichiarazione per la iscrizione in catasto, dichiarazione di conformità delle opere al progetto approvato, …) che presuppongono necessariamente la regolarità edilizia degli edifici da dichiarare agibili.

Peraltro, tale interpretazione dell’istituto è stata affermata in più occasioni dalla giurisprudenza, non solo amministrativa, che ne ha evidenziato l’assoluta ragionevolezza, essendo al contrario del tutto irrazionale consentire attraverso il rilascio dell’agibilità l’utilizzo di un immobile che, in quanto abusivo, dovrebbe essere demolito o comunque inibito all’uso, nell’interesse generale al ripristino della legalità edilizio – urbanistica, preordinata all’ordinato sviluppo del territorio (Corte di Cassazione, sentenza n. 17498 del 2012; Consiglio di Stato, sentenze n. 2760 del 2009 e n. 5701 del 2010).

Ricostruzione di un rudere: come si qualifica?

Estremi della sentenza: TAR Toscana, sez. I, sent. 18 aprile 2017 n. 588
Massima: La ricostruzione di un rudere è qualificabile come nuova costruzione subordinata al permesso di costruire qualora non sia possibile individuare i connotati essenziali originari

 

La giurisprudenza è stabilmente orientata nel senso che non può considerarsi costruzione esistente un rudere, qualora i resti dell’edificio non permettano la sicura individuazione dei connotati essenziali del manufatto originario. In siffatta evenienza, l’attività di ricostruzione del rudere non rientra nella nozione di ristrutturazione o di recupero, ma in quella di nuova costruzione (per tutte, da ultimo cfr. Cons. Stato, sez. V, 15 marzo 2016, n. 1025; id., sez. IV, 21 ottobre 2014, n. 5174), richiedendo conseguentemente il permesso di costruire.

Salvaguardia in caso di contrasto dell’intervento con nuove disposizioni urbanistiche: applicabilità alla DIA

Estremi della sentenza: TAR Emilia Romagna, sez. I Bologna, sent. 19 aprile 2017 n. 298
Massima: La salvaguardia di cui al comma 3 dell’art. 12 del Testo Unico Edilizia si applica anche alla DIA

 

Il comma 3 dell’art. 12 del Testo Unico Edilizia dispone che “In caso di contrasto dell’intervento oggetto della domanda di permesso di costruire con le previsioni di strumenti urbanistici adottati, è sospesa ogni determinazione in ordine alla domanda. La misura di salvaguardia non ha efficacia decorsi tre anni dalla data di adozione dello strumento urbanistico, ovvero cinque anni nell’ipotesi in cui lo strumento urbanistico sia stato sottoposto all’amministrazione competente all’approvazione entro un anno dalla conclusione della fase di pubblicazione”.

La misura di salvaguardia prevista dalla citata disposizione è strumento diretto ad evitare che, nelle more del procedimento di approvazione degli strumenti di pianificazione, le richieste dei privati, fondate su una pianificazione ritenuta non più attuale, finiscano per alterare profondamente la situazione di fatto e, di conseguenza, per pregiudicare definitivamente proprio gli obiettivi generali cui invece è finalizzata la programmazione urbanistica generale.

Tali finalità sussistono in modo del tutto identico anche nelle ipotesi normativamente previste di richieste di interventi edilizi realizzabili senza alcun titolo abilitativo, come avviene nel caso della DIA, con la conseguenza che anche detti interventi devono comunque essere conformi alle previsioni degli strumenti urbanistici vigenti e adottati, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia vigente (v. ex multis: Cons. Stato, sez. IV, 9/10/2012 n. 5257).

Rubrica in collaborazione con www.studiolegalepetrulli.it

Redazione Tecnica

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