Competenze professionali, edifici storici: alla fine, gli ingegneri possono lavorarci?

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Prosegue la lotta sulle competenze professionali, uno dei romanzi più ricchi di colpi di scena della storia del rapporto tra professionisti, in particolare ingegneri e architetti ma anche geometri, che dovrebbero esseri messi nelle condizioni si collaborare, a partire da una divisione delle competenze prestabilita. Le sentenze non hanno fatto sempre chiarezza. Ultimamente forse siamo giunti a una buona conclusione. Vediamo una sintesi che ci permette di capire a che punto siamo adesso.

Ultimo capitolo della questione: gli ingegneri possono lavorare sulle opere ritenute di rilevante carattere storico e artistico per le parti tecniche. Il principio è stato confermato dal Tar Puglia con la sentenza n. 411 del 2017. Come sono giunti a questa conclusione i giudici? Da quali altre leggi o sentenze prendono ispirazione? Due i passaggi fondamentali del passato.

Il Regio decreto 2537/1925

Il Tar di Lecce si è basato prima di tutto sull’articolo 52, comma 2, del Regio decreto 2537/1925, in cui si afferma che “le opere di edilizia civile che presentano rilevante carattere artistico ed il restauro e il ripristino degli edifici contemplati dalla legge 20 giugno 1909 n. 364, per l’antichità e le belle arti, sono di spettanza della professione di architetto; ma la parte tecnica può essere compiuta tanto dall’architetto, quanto dall’ingegnere”.

Il Consiglio di Stato 21/2014

Il Tar Lecce riprende anche il principio che era stato affermato anche dal Consiglio di Stato con la sentenza 9 gennaio 2014 n. 21: non la totalità degli interventi concernenti gli immobili di interesse storico e artistico deve essere affidata all’architetto, ma solo le parti di intervento di edilizia civile che riguardino scelte culturali connesse alla maggiore preparazione degli architetti nell’ambito del restauro e del risanamento degli immobili storici. Le parti più tecniche possono essere di competenza dell’ingegnere civile.

Le competenze progettuali dei professionisti tecnici

La materia del riparto delle competenze progettuali fra i professionisti tecnici è di estremo interesse pratico; individuare correttamente la figura professionale che può progettare un determinato intervento è, infatti, fondamentale per tutti i soggetti interessati:- per il professionista, onde evitare responsabilità e rischi nello svolgimento della propria prestazione;- per il cittadino, che deve avere cognizione di quale sia il professionista a cui rivolgersi per l’intervento che vuol realizzare; – per la pubblica amministrazione (in primis, il Comune attraverso l’ufficio tecnico) che deve valutare il progetto presentato e, conseguentemente, anche verificare che il progettista abbia le adeguate competenze secondo quanto previsto dalle norme in materia.Le difficoltà nell’individuare correttamente la ripartizione della progettazione sono legate a plurime motivazioni:• la vetustà di disposizioni normative palesemente risalenti e le inevitabili sovrapposizioni nell’interpretazione;• il miglioramento delle tecniche costruttive e dei materiali;• l’azione degli ordini professionali che, legittimamente, intervengono per difendere le proprie aree di competenza e, possibilmente, individuarne di nuove;• la mancanza di coraggio del Legislatore che, a distanza di quasi un secolo, non è ancora intervenuto con un disegno normativo organico che possa fare definitiva chiarezza e ridurre al minimo i margini di incertezza nella materia.In questa breve trattazione, senza alcune pretesa di esaustività, evidentemente non possibile in questa sede, cercheremo di fornire le linee guida per individuare correttamente le competenze progettuali dei singoli professionisti tecnici, alla luce delle norme in materia e dei chiarimenti forniti dalla giurisprudenza.Mario Petrulli, Avvocato (www.studiolegalepetrulli.it), collabora con siti giuridici (tra i quali www. ediliziaurbanistica.it) e società di consulenza; esperto in edilizia, urbanistica e diritto degli enti locali; è coautore, insieme ad Antonella Mafrica, di pubblicazioni per Maggioli Editore.

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Il Tar Puglia 411/2017

Gli ingegneri, quindi, possono lavorare sulle opere ritenute di rilevante carattere storico e artistico, per le parti tecniche: “È evidente – dice il Tar – che l’attività oggetto di gara si risolve in una mera ingegnerizzazione del progetto stesso, con conseguente esclusione di scelte che fuoriescano dalla ordinaria competenza di un ingegnere». Quindi, risulta evidentemente irragionevole ed arbitraria “la limitazione della partecipazione ai soli iscritti all’albo degli architetti”.

Il Tar Puglia 411/2017 ha annullato un bando che riservava ai soli architetti i servizi professionali relativi alla riqualificazione di un centro storico. Nello specifico: una volta definiti gli aspetti legati alla tutela culturale dell’intervento, gli ingegneri possono intervenire nel progetto. L’ordine degli ingegneri di Lecce aveva impugnato l’avviso pubblico bandito dal Comune di Martano (Lecce) per l’indizione di una indagine di mercato “per l’affidamento dei servizi professionali di progettazione definitiva ed esecutiva, direzione lavori e coordinamento della sicurezza nella fase progettuale ed esecutiva per la riqualificazione di via Marconi e via degli Uffici”. Gli ingegneri avevano considerato illegittimo il requisito di idoneità per l’iscrizione nell’albo professionale degli architetti.

Il Tar pugliese gli ha dato ragione: per le parti tecniche, gli ingegneri possono lavorare sulle opere ritenute di rilevante carattere storico e artistico.

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Redazione Tecnica

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