Non abbiamo coscienza del rischio sismico. Perchè? Responsabilità e conseguenze

Nicola Mordà 08/11/16
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A quattro anni dagli eventi dell’Emilia Romagna, il terremoto torna ad alimentare pesanti bilanci di vittime e danni. La solidarietà verso i concittadini colpiti è forte e autentica, allora come oggi. Ma altrettanto sentita è la stima per i vigili del fuoco e i tanti tecnici, che pur nelle difficoltà e gravami di responsabilità, operano per limitare i disagi alle popolazioni allontanate da edifici e strutture potenzialmente critiche.

Il terremoto rimane in Italia una delle calamità naturali che coglie ogni volta più impreparati. Tante le riflessioni e le valutazioni espresse in questi giorni da soggetti istituzionali, organi di stampa, tecnici, privati cittadini. Eppure tutto detto notoriamente a posteriori. E ci si continua a chiedere: quando il rischio sismico comincerà a essere affrontato con serietà e lungimiranza? Quando la sua gestione diventerà un automatismo come l’inserimento del tetto in un’abitazione? E viene da pensare che oltre a cogenti normative, oltre all’avere pari condizioni economiche per salvaguardare la vita e le case, il nostro paese deve prima sviluppare una reale “cultura del rischio sismico”.

Rischio sismico, obblighi, incentivi

Sopra, l’intervista di Radio Rai in cui parliamo di rischio sismico e obblighi per prevenirlo.

Un incentivo a intervenire

In questo  scenario compare una confortante linea virtuosa tratteggiata nella bozza della legge di bilancio che prevede incentivi fiscali per gli interventi di rinforzo sismico delle abitazioni.

Se fossero confermati, gli incentivi si applicherebbero secondo il seguente schema di detrazione dall’imposta lorda (Disegno di legge presentato alla Camera dei deputati al 29/10/2016):

% Detrazione Quando Beneficiari
50 Art. 16-bis cm. 1 lett. i del TU 22/12/86 n. 917

misure antisismiche con particolare riguardo  all’esecuzione di opere per la messa in sicurezza statica, in particolare sulle parti strutturali, per la redazione della documentazione obbligatoria atta a comprovare la sicurezza statica del patrimonio edilizio, nonchè per la realizzazione degli interventi necessari al rilascio della suddetta documentazione

costruzioni adibite ad abitazione e ad attività produttive
70

+5 condomini

Qualora dagli interventi derivi il passaggio ad una classe di rischio inferiore.
80

+5 condomini

Qualora dagli interventi derivi il passaggio a due classi di rischio inferiore

 

Da notare che nel novero delle detrazione dall’imposta lorda sono anche compresi gli onorari dei tecnici.

Adeguamento, miglioramento, rischio sismico: differenze

Spesso la terminologia tecnica fa uso di termini quali “adeguamento”, “miglioramento”,  “rischio” e comprendere  il loro significato, o meglio il significato attribuito loro dalla norma, ci porta a interpretare correttamente obblighi e vantaggi.

“Adeguamento” e “miglioramento” sismico hanno una loro disciplina cogente nelle attuali Norme Tecniche (DM 14/1/2008, NTC nel seguito) e con maggiori precisazioni e chiarimenti anche nelle future.

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Per legge:

  • gli interventi di adeguamento sono atti a conseguire i livelli di sicurezza previsti dalle presenti norme, mentre,
  • gli interventi di miglioramento sono atti ad aumentare la sicurezza strutturale esistente, pur senza necessariamente raggiungere i livelli richiesti dalle presenti norme.

Ma quando è obbligatorio adeguare le opere esistenti? La risposta è il §8.4 delle NTC

[…] È fatto obbligo di procedere alla valutazione della sicurezza e, qualora necessario, all’adeguamento della costruzione, a chiunque intenda:

  1. a) sopraelevare la costruzione;
  2. b) ampliare la costruzione mediante opere strutturalmente connesse alla costruzione;
  3. c) apportare variazioni di classe e/o di destinazione d’uso che comportino incrementi dei carichi globali in fondazione superiori al 10% […];
  4. d) effettuare interventi strutturali volti a trasformare la costruzione mediante un insieme sistematico di opere che portino ad un organismo edilizio diverso dal precedente. […]

In questi casi la valutazione della sicurezza è volta a stabilire se:

– l’uso della costruzione possa continuare senza interventi;
– l’uso debba essere modificato (declassamento, cambio di destinazione e/o imposizione di limitazioni e/o cautele nell’uso);
– sia necessario procedere ad aumentare o ripristinare la capacità portante.

E ancora, al paragrafo 8.3, la norma definisce con maggiore precisione le situazioni in cui una costruzione esistente debba essere sottoposta a valutazione:

riduzione evidente della capacità resistente e/o deformativa della struttura o di alcune sue parti dovuta ad azioni ambientali (sisma, vento, neve e temperatura), significativo degrado e decadimento delle caratteristiche meccaniche dei materiali, azioni eccezionali (urti, incendi, esplosioni), situazioni di funzionamento ed uso anomalo, deformazioni significative imposte da cedimenti del terreno di fondazione;

– provati gravi errori di progetto o di costruzione;

cambio della destinazione d’uso della costruzione o di parti di essa, con variazione significativa dei carichi variabili e/o della classe d’uso della costruzione;

interventi non dichiaratamente strutturali, qualora essi interagiscano, anche solo in parte, con elementi aventi funzione strutturale e, in modo consistente, ne riducano la capacità o ne modifichino la rigidezza.

 

L’asimmetria cittadino/tecnico aumenta il rischio

Alla luce di recenti dubbi espressi dai canali stampa circa l’esistenza o meno di vincoli giuridici relativamente alle “norme sismiche” è utile chiarire che una norma dello Stato ha il carattere di generalità e quindi i suoi precetti sono rivolti a tutti i cittadini dello Stato stesso (si ricorda che le norme tecniche per le costruzioni sono una fonte giuridica e non un regolamento volontario).

Risulta quanto mai dannoso cavalcare sciami emotivi creando confusione mediatica su questo e su altri aspetti: le norme ci sono e vanno rispettate.

Ma è anche vero che al di fuori delle prescrizioni appena viste imposte dalla legge, nei casi generali di singoli cittadini non esistono obblighi specifici; per inciso ognuno può decidere di vivere nella propria abitazione o condominio senza incorrere in obblighi specifici, salvo quelli dei §8.3. e 8.4 delle NTC, accettando volontariamente (o meglio inconsapevolmente) i rischi.

A tal proposito la Circolare 617/2009 (Le Istruzioni alle NTC)  al § C8.3 ricorda che: […] Dall’obbligatorietà della verifica è […] esclusa la situazione determinata da una variazione delle azioni che interviene a seguito di una revisione della normativa, per la parte che definisce l’entità delle azioni, o delle zonazioni che differenziano le azioni ambientali (sisma, neve, vento) nelle diverse parti del territorio italiano […]

Tradotto: se le norme tecniche cambiano inasprendo dei carichi, compreso quello sismico, non è obbligatoria la verifica delle opere esistenti in questo nuovo scenario (resta l’eccezione dei luoghi di lavoro per altri profili di legge, però).

Proseguendo nel testo del paragrafo, la Circolare chiarisce ancora:

[…] È evidente che gli interventi [NdA] sono necessari e improcrastinabili nel caso in cui non siano soddisfatte le verifiche relative alle azioni controllate dall’uomo, […]; più complessa è la situazione che si determina nel momento in cui si manifesti l’inadeguatezza di un’opera rispetto alle azioni ambientali, non controllabili dall’uomo e soggette ad ampia variabilità nel tempo ed incertezza nella loro determinazione.

Per le problematiche connesse, non si può pensare di imporre l’obbligatorietà dell’intervento o del cambiamento di destinazione d’uso o, addirittura, la messa fuori servizio dell’opera, non appena se ne riscontri l’inadeguatezza.

Le decisioni da adottare dovranno necessariamente essere calibrate sulle singole situazioni (in relazione alla gravità dell’inadeguatezza, alle conseguenze, alle disponibilità economiche e alle implicazioni in termini di pubblica incolumità).

Saranno i proprietari o i gestori delle singole opere, siano essi enti pubblici o privati o singoli cittadini, a definire il provvedimento più idoneo, eventualmente individuando uno o più livelli delle azioni, commisurati alla vita nominale restante e alla classe d’uso, rispetto ai quali si rende necessario effettuare l’intervento di incremento della sicurezza entro un tempo prestabilito.

Le istruzioni quindi, salvo gli obblighi di intervento, nel caso di carenza sismica non individuano profili specifici imposti dalla legge: sta alla libera scelta del singolo proprietario o gestore.

Sugli edifici pubblici o altri luoghi di lavoro la verifica e messa in sicurezza sono invece obbligatorie.

Certo non si può pretendere che il singolo cittadino debba conoscere un documento tecnico ma è altrettanto vero che esiste una dannosa asimmetria tra le nozioni dei tecnici e quelle dei singoli cittadini.

La stampa dovrebbe colmare il gap

Per compensare questo dislivello dovrebbe esserci una forte e determinata azione da parte di enti quali le innumerevoli associazioni di categoria stampa, ecc., mirata ad informare i cittadini, i condomini, i consumatori, i lavoratori e le lavoratrici (…) del fatto che gli edifici vetusti e costruiti, ad esempio prima di una certa data, potrebbero essere particolarmente a rischio in caso di sisma.

Invece, salvo sporadici casi, non vi è mai stata un’informazione massiva, mediaticamente efficiente ed efficace su questi temi.

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E gli enti istituzionali, in sinergia con ordini e collegi territoriali, hanno il dovere di formare quella coscienza del rischio che manca molto spesso nel nostro paese. Non si tratta di creare allarmismo ma piuttosto quella consapevolezza che bilancia in qualche modo l’ovvia asimmetria gnoseologica.

Percezione della pericolosità sismica

A riprova di ciò, è utile esaminare i risultati di una recente indagine condotta dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) in collaborazione con l’Istituto di Ricerche sulla Popolazione e le Politiche Sociali (IRPPS), del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) e l’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale di Trieste (OGS), su come la pericolosità sismica sia percepita dalla popolazione. Sul totale dei 4012 intervistati sono emerse le seguenti percentuali circa il livello di informazione sul rischio sismico:

Figura 1: Percezione pericolosità sismica. Sondaggio INGV, IRPPS, CNR, OGS (2016)
Figura 1: Percezione pericolosità sismica. Sondaggio INGV, IRPPS, CNR, OGS (2016)

Per quanto riguarda le fonti di accesso alle informazioni, le percentuali risultanti dalle interviste danno questa classificazione:

Figura 2: Canali di informazioni su pericolosità sismica. Sondaggio INGV, IRPPS, CNR, OGS (2016)
Figura 2: Canali di informazioni su pericolosità sismica. Sondaggio INGV, IRPPS, CNR, OGS (2016)

Anche in questo caso la legge di stabilità (attualmente in bozza) sembra muoversi in questa direzione e aprire la strada ad una nuova consapevolezza. La classificazione del rischio sismico degli edifici e l’introduzione di precise classi di rischio aiuteranno ogni cittadino a identificare lo stato della sua casa e per mezzo di un adeguato incentivo fiscale, ognuno potrà attivarsi per un intervento efficace (estrema attenzione dovrà essere posta subito nel dissipare il binomio “classificazione-sicurezza”).

Questa apertura della norma verso il privato cittadino, ovvero uno strumento diretto all’utilizzo del privato, chiama in causa ancora più fortemente il tecnico a cui saranno rivolte inevitabilmente le linee guida. Il suo ruolo sarà nuovamente quello, delicato, di prima interfaccia tra il nuovo strumento e l’applicabilità nel quotidiano.

Sembra cioè aprirsi uno scenario simile a quello delle classi di certificazione energetica nel residenziale, in cui l’appetibilità di uno sgravio fiscale, da strumento virtuoso lo porti ad essere un’ulteriore casella da check list alla quale dedicare le minime risorse economiche necessarie.

Tuttavia, nel caso del rischio sismico, gli effetti di un tale automatismo, avrebbero dei risvolti veramente pesanti, anche alla luce dell’intrinseca vulnerabilità del parco immobiliare italiano.

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A proposito di parco immobiliare, alcuni dati

Nel 2011 il patrimonio immobiliare italiano era costituito, secondo i dati dell’Agenzia del territorio, da oltre 69 milioni di unità immobiliari.

Per quanto riguarda l’età di realizzazione si osserva che la grande maggioranza di esse è collocata nel periodo tra il 1962/1971; quasi il 90% è antecedente al 1991.

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Figura 3: Statistiche età di costruzione degli edifici (su dati Istat 2001)

In un convegno, tenutosi per il centenario del terremoto di Reggio Calabria e Messina del 1908, il prof. M. Dolce, tra i più autorevoli e stimati scienziati in materia sismica, ricorda che:

“L’elevato rischio sismico dipende dalla notevole vulnerabilità del patrimonio edilizio italiano, determinata da numerosi fattori, tra cui:

  • presenza di un gran numero di edifici storici o di antica costruzione, e di edifici monumentali,
  • degrado di estesi quartieri in aree metropolitane,
  • edilizia illegale (“spontanea”) diffusa nelle zone a maggiore pericolosità sismica,
  • non perfetta conoscenza della pericolosità sismica del territorio;
  • inadeguatezza delle norme e della loro applicazione.”

La scala tracciata da uno dei massimi esperti in materia coinvolge tutti: le istituzioni, i costruttori, i tecnici, i privati cittadini, ognuno chiamato ad agire con responsabilità, a svolgere il proprio ruolo con coscienza e serietà, ad essere parte attiva e consapevole. E su tutto, un’attenta e costante attività di vigilanza a cui sono chiamati gli enti di controllo, collegi e ordini professionali, associazioni di categoria.

Il falso ruolo delle “certificazioni” varie

Dicono le Alte Corti italiane che “i certificati sono i documenti nei quali si attesta la verità o la scienza di determinati fatti o situazioni”.

Secondo la Cassazione, il livello di responsabilità penale previsto dall’art. 29 comma 3 del DPR 380/01 impone al tecnico il ruolo “di persona esercente un servizio di pubblica necessità ai sensi degli artt. 359 e 481 C.P., e relative responsabilità“

Figura 4: I cittadini vittime del Belice 1968
Figura 4: I cittadini vittime del Belice 1968

I Giudici della Corte di Cassazione  ricordano il significato etimologico della parola asseverare, che in lingua italiana è una “dichiarazione di particolare rilevanza a cui viene ascritto un particolare valore di veridicità, affidabilità, e comprova della verità.”

O ancora: “ Il termine “asseverare” ha il significato di <<affermare con solennità>>, e cioè di porre in essere una dichiarazione di particolare rilevanza formale e di particolare valore nei confronti dei terzi quanto a verità – affidabilità del contenuto”.

Ne consegue quindi, secondo la giurisprudenza, che una “… asseverazione del progettista […] ha natura di “certificato”, sicché risponde del delitto previsto dall’art. 481 c.p. il professionista che redige la suddetta relazione di corredo, attestando, contrariamente al vero, la conformità agli strumenti urbanistici”.

L’ipotesi di reato e la relativa sanzione previste dai Codici non cautelano nessuno in nessun modo dagli effetti del sisma.

Una vittima resterà purtroppo tale: un perdita per tutti.

Questo dovrebbe essere monito per tutti i tecnici e utile informazione per i cittadini che spesso co-firmano atti e documenti. Relazioni e indagini geologiche, diagnostica sui materiali, rilievi metrici, analisi storico-critica dell’esistente, analisi strutturali e disegni accurati, diventano i veri strumenti su cui si fonderà la loro sicurezza ed occorre pretendere che siano elaborati con la massima professionalità e accuratezza, destinando a ciò la giusta dose di risorse economiche.

Occorrerebbe sensibilizzare cittadini su un altro tema: “tendenzialmente, ai fini della legge penale, la qualifica giuridica attribuibile a colui che, debitamente abilitato, rilasci un determinato certificato è quella di persona privata esercente un servizio di pubblica necessità, ai sensi dell’art. 359 C.P.”;

I cittadini, i condomini, i consumatori, i lavoratori e lavoratrici possono pilotare la loro stessa incolumità attraverso la scelta in regime di libera concorrenza (in virtù del diritto comunitario, Art. 81 del trattato CE).

Il documento ispiratore di ciò parte dal lontano (Lisbona 2000); poi nel 2004 la relazione di accompagnamento alle liberalizzazioni nel settore dei servizi tecnici (COM(2004)-83) informava:

2.2. L’importanza dei servizi professionali per l’economia della UE

[..]13. I servizi professionali sono importanti anche per via della loro rilevanza immediata per i consumatori. […] Una maggiore scelta nella gamma dei servizi e dei prezzi disponibili conferisce agli utenti il potere di scegliere autonomamente la combinazione prezzo-qualità più adeguata alle loro esigenze.

Quindi, poter scegliere il miglior rapporto qualità-prezzo. Indiscutibile e saggio. Ma chi decide la qualità?

E chi garantisce che tutti i soggetti coinvolti agiscano in modo corretto?

A questo servono le regolamentazioni restrittive a cui richiama poco dopo lo stesso documento. Se da un lato regolamentazioni troppo restrittive possono creare abbassamento della qualità e innalzamento dei prezzi nei servizi professionali, dall’altro esse  “sono giustificate nella misura in cui sono volte a mantenere la qualità dei servizi professionali e a proteggere i consumatori da comportamenti scorretti.

È l’asimmetria dell’informazione tra clienti e prestatori di servizi che può portare i rischi maggiori nei servizi professionali, e i consumatori non sempre possono giudicare la qualità dei servizi che acquistano”.

Chi tutela i consumatori dei servizi erogati dai tecnici? Come si fa a giudicare la qualità?

Empiricamente si potrebbe dire, e per analogia: un bene di prezzo 100 è plausibile che, rispetto al bisogno del consumatore, lo soddisfi qualitativamente meglio di quello che ha un prezzo 20. Se il consumatore si accontenta di quest’ultimo invece ha l’onere di adeguarsi ai risultati conseguiti; se non è soddisfatto dovrà, al limite, riacquistarlo.

Ma gli immobili non possono sottostare a tale logica. Perché la scarsa qualità nel servizio tecnico, così come nella fase di realizzazione implicano rischio, pericolo, danni, dilapidazione di risorse.

“Un edificio mal costruito può mettere a repentaglio la sicurezza pubblica.” recita la predetta relazione UE.

In questo la libera concorrenza non aiuta e “In assenza di regolamentazione vi è il rischio che alcuni mercati di servizi professionali forniscano beni pubblici in quantità insufficiente o in modo inadeguato.”

Un’ipotesi: il “mutuo d’onore”

Purtroppo c’è anche un altro aspetto che non deve essere trascurato: la reale carenza di risorse del singolo cittadino a fronte di un’opportunità, e non un obbligo, di fare determinate indagini-verifiche-interventi per migliorare la sicurezza del proprio bene.

Ricordando la legge d’inerzia di Newton, non è possibile che gli incentivi si auto-inneschino.

Se il cittadino/consumatore/condomino non è messo nelle condizioni di attivare il percorso virtuoso fatto per attingere alle detrazioni, esse saranno inefficaci.

Se il proprietario è capiente sotto il profilo economico, avrà modo di attivarsi e di attingere fino all’80% di detrazione.

E chi non può? Come poter darvi impulso?

Un pensiero piuttosto comune ma supportato anche da autorevoli docenti universitari italiani, è quello che potrebbe definirsi “mutuo d’onore” (analogamente al prestito d’onore degli anni 2000).

Che cos’è il mutuo d’onore?

Il cittadino/consumatore/condomino può accendere un mutuo (agevolato) supportato da istituti bancari volenterosi (e riconoscenti) che, per tramite delle imposte statali viene gradualmente esaurito: sulle buste paga dei dipendenti mensilmente, sulla dichiarazione IVA delle PI e così via.

Potrà essere compito degli analisti finanziari e ministeriali entrare nel merito di questo “embrione”, migliorarlo, adattarlo: qualcosa bisognerà fare altrimenti le buone intenzioni del governo saranno una mancata opportunità e si tradurranno in ulteriori costi per lo Stato che si interroga sulla loro gestione futura.

Ciò, infatti, era quasi avvenuto nel 2012 quando il D.L. 15.05.12 n. 59 “Disposizioni urgenti per il riordino della Protezione civile”, (poi convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, L. 12 luglio 2012, n. 100) all’art. 2 prometteva Coperture assicurative su base volontaria contro i  rischi  di  danni derivanti da calamità naturali prevedendo:

[…] a) estensione della copertura assicurativa del rischio  calamità naturali nelle polizze che garantiscono i fabbricati  privati  contro qualsiasi danno;

  1. b) esclusione, anche parziale,  dell’intervento  statale  per  i danni subiti da fabbricati;
  2. c) incentivazioni di natura fiscale, nel rispetto del  principio dell’invarianza di gettito, tramite  regimi  agevolativi  all’imposta sul premio di assicurazione ovvero la deducibilità, anche  parziale, del  premio  dalla   base   imponibile   ai   fini   IRPEF   e   IRES dell’assicurato;
  3. d) previsione di un regime transitorio, anche a fini sperimentali ovvero di prima applicazione […]

Nella conversione tutto ciò è stato soppresso a causa del terremoto dell’Emilia Romagna del 2012.

Oggi, i fondi per la ricostruzione non entrano nei conteggi esposti alla Commissione Europea, ma è ipotizzabile che non vengano più concesse ulteriori deviazioni.

Occorre quindi attivarsi in modo onesto, tutti e ad ogni livello, riconoscendo le ovvie asimmetrie di conoscenza, per innescare un circuito virtuoso e di presidio della salute e sicurezza delle persone oltre che della tutela dei beni.

In questo scenario si plaude agli interventi della magistratura tesi a reprimere sul nascere uno squallido sciacallaggio:

Immagine1

Immagine2

Potremmo dire che questa è una forte asimmetria di onestà prontamente arginata dalla magistratura.

Ma si può andare oltre e attivare una seria e programmatica linea di azione che traduca in fatti ciò che in questi drammatici giorni viene tanto politicizzato.

Il terremoto conosce solo le leggi della natura, non sa leggere e la sua sola parola è energia, rilasciata e propagata in forma di onde. E di ciò dovrà prendersi atto in modo serio e responsabile.

Nicola Mordà

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