Sicurezza sul lavoro: un DDL di semplificazione del DLGS 81/2008

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Una previsione di eliminare circa la metà degli articoli contenuti nel decreto legislativo n. 81/2008, e un principio ispiratore: togliere dal Testo Unico per la sicurezza sul lavoro ciò che è sovrabbondante rispetto alle disposizione comunitarie. Sono solo alcuni degli highlights resi noti da Lorenzo Fantini, giuslavorista ed esperto di sicurezza sul lavoro, su un DDL di riforma del decreto 81/2008 che ha come primo firmatario l’ex Ministro del lavoro Maurizio Sacconi.

L’occasione per questa anteprima è stato il convegno su: Lo stato di applicazione della sicurezza e salute sul lavoro: quali regole e quanto applicate. Sviluppi futuri, organizzato da Unindustria Rimini (componente di Confindustria Romagna), che si è tenuto ieri nel centro congresso SGR della città romagnola. Tra i relatori, oltre al già citato Fantini (per anni dirigente della divisione Salute e sicurezza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali), altri nomi di spicco del panorama della sicurezza sul lavoro a partire da Rolando Dubini e dai magistrati Cristina Amalia Ardenghi, Ciro Santoriello e Paolo Giovagnoli con l’intervento di funzionari della AUSL Romagna quali Loris Fabbri (direttore dell’U.O. di prevenzione Sicurezza ambienti di lavoro) e il dirigente Pierpaolo Neri.

Sicurezza sul lavoro: all’appello mancano ancora tanti decreti

Tra i molti elementi emersi durante la giornata di lavoro, che si è focalizzata sul decreto 231/2001 relativo alla responsabilità degli enti e delle società da illeciti amministrativi dipendenti da reato (“ma che possono avere valenza anche penale”, come ha ricordato Ardenghi nel suo intervento, “con ricadute pesantissime per le aziende, fino all’interdizione dall’attività e la chiusura”), è emerso il ritardo nell’adozione dei decreti attuativi previsti sia dal Testo Unico per la sicurezza sul lavoro fino a quelli del Decreto del Fare (“O del Faremo“, ha detto ironico Fantini). Sono ancora 20, per esempio, le disposizioni di dettaglio previste dal decreto legislativo 81/2001 che non hanno ancora visto la luce, tra cui spicca quello forse più importante sull’istituzione del SINP, il Sistema Informativo Nazionale di Prevenzione che avrebbe dovuto uscire entro sei mesi dall’emanazione del Testo Unico e che ancora, invece, è in qualche cassetto smarrito e solitario.

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Un altro missing in action è il decreto sulle regole semplificate per le attività a basso rischio di cui si attende una classificazione prevista dal Decreto del Fare e che, per ora. è rimasta lettera morta.

Ma non tutto è negativo. L’accordo raggiunto in Conferenza Stato Regioni lo scorso 7 luglio è realtà e, pur con diverse criticità e qualche sospetto profilo di incostituzionalità da risolvere, ha fissato i requisiti per la formazione degli RSPP e degli ASPP.

Il DDL Sacconi

Questo disegno di legge dovrebbe, nelle intenzioni dei firmatari, portare a uno snellimento del testo unico 81/2008 o, quantomeno, attivare un dibattito che serva a contemperare le responsabilità in materia di sicurezza tra datori di lavoro e lavoratori con un approccio, già evocato da recente giurisprudenza di Cassazione, una “condotta collaborativa” tra gli attori aziendali anche per meglio definire i profili di responsabilità in caso di incidenti.

Un altro elemento del DDL Sacconi sarebbe quello di “agganciare” il rispetto delle prescrizioni di sicurezza sul lavoro al progresso della tecnica, tramite specifico e puntuale riferimento alle norme tecniche di riferimento, in grado di evolversi nel tempo in base al progresso tecnologico, senza rimanere “congelate” nel tempo.

Posizione di Garanzia degli RSPP

Un altro elemento importante emerso durante il convengo è la conferma di un orientamento sempre più marcato da parte della Cassazione di individuare i componenti del SSP quali garanti della sicurezza e salute non solo dei lavoratori della propria azienda, ma anche dei terzi lavoratori o no. In questo senso, Dubini ha incentrato il suo intervento sul recente nuovo Codice degli Appalti che ha individuato molte posizioni di garanzia.

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Interessante l’osservazione che la durata abnorme di alcuni cantieri per i lavori pubblici non configurano solamente un danno in termini economici e sociali, ma anche un aggravio del rischio per i lavoratori impiegati e per i terzi che si trovano nelle vicinanze anche senza essere coinvolti in attività specifiche (… si pensi agli eterni cantieri stradali, per esempio).

Focus 231/2001: la responsabilità delle aziende per i reati consumati o tentati

Il decreto legislativo 8 giugno 2001 n. 231 ha introdotto per la prima volta nel nostro ordinamento la disciplina sulla “Responsabilità degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato“. Il decreto intende tutelare le aziende dalle violazioni di normative legislative vigenti dei loro amministratori. Secondo la disciplina del Modello 231, le società possono essere ritenute responsabili per alcuni reati consumati o tentati, realizzati nell’interesse o a vantaggio delle società stesse, da esponenti dei vertici aziendali e da coloro che sono sottoposti alla direzione o vigilanza di questi ultimi. Mentre non risponde se i vertici hanno agito per proprio interesse o di terzi.

Gli enti rispondono anche in merito ai reati compiuti all’estero, a meno che non siano già perseguiti dallo Stato in cui i reati sono stati commessi. Questo significa che la responsabilità amministrativa è separata da quella penale di chi compie il reato ma ad essa si affianca, coinvolgendo il patrimonio della società, che con il decreto 231/2001 risponde in maniera autonoma e considerevole ma slegata dagli amministratori. La Società non risponde per responsabilità amministrativa dipendente da reato, in caso di infortunio o malattia professionale se ha adottato e attuato modelli di organizzazione, gestione e controllo idonei a prevenire i reati stessi.

Mauro Ferrarini

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