Redditi minimi e non continuità del lavoro: cosa non va per gli architetti

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Non continuità del lavoro e redditi minimi: sono solo alcuni degli aspetti delicati che caratterizzano il momento di difficoltà attraversato dall’intersezione critica formata dal comparto dell’edilizia e dal settore dei professionisti in quest’ultimo periodo, complice la persistenza della recessione.

Federarchitetti ha sottolineato questi aspetti pubblicando una lettera aperta in merito alle criticità che si stanno palesando con specifico riferimento alle categorie professionali di architetti e ingegneri.

Nella lettera, firmata dal presidente nazionale di Federarchitetti, l’Arch. Paolo Grassi e dal Segretario nazionale, l’Arch. Maurizio Mannanici, si fa esplicitamente riferimento a persistenti nodi “che devono essere necessariamente affrontati se si vuole che positive intenzionalità abbiano concreta applicazione.  La volontà delle nuove generazioni nella scelta di un’attività autonoma continua ad essere ostacolata da una realtà normativa che determina redditi medi minimi, non favorisce la continuità del lavoro e allontana prospettive pensionistiche, mentre emerge, di contro, la necessità di un ricambio generazionale nelle pubbliche amministrazioni per offrire la possibilità di un nuovo rapporto tra settore pubblico e privato, improntato su regole certe, responsabilità definite ed assenza di percorsi discrezionali che agevolano opportunità di corruzione”.

Nella lettera viene sottolineato anche il tema delle stazioni appaltanti: “Va evidenziato – si afferma esplicitamente – che le basi retributive del pubblico impiego, già sostenute a livello dirigenziale da incrementi di posizione e di risultato, non trovano alcuna giustificazione, se non in un eccesso di protezione e clientelismo politico e sindacale verso lo stesso, nel mantenimento dell’incentivo del 2% per le attività di progettazione degli Uffici tecnici, escludendone la competenza ai liberi professionisti.  Di contro, è auspicabile l’immissione di procedure che rendano sinergica l’azione pubblico-privata e la soppressione della contraddizione dei Sindacati che, agevolando i dipendenti del settore pubblico, indeboliscono la crescita degli addetti degli studi professionali da essi stessi rappresentati.  Tra i vari aspetti, fondamentale è l’effettiva riduzione delle Stazioni Appaltanti al fine di semplificare ed omogeneizzare le procedure tagliando il perpetuarsi di abusi insiti nel clientelismo locale. Ancora flebili sono i tentativi ed i risultati in tale auspicata direzione”.

In ulteriore istanza nella missiva viene toccato il tema relativo ai giovani professionisti, alla stregua di un nervo scoperto: il coinvolgimento di questi ultimi nel lavoro può infatti essere previsto “in misura proporzionale ed obbligatoria agli importi nella progettazione e realizzazione delle opere”. E i piccoli e medi studi professionali? Per essi, secondo Federarchitetti, “deve essere previsto l’inserimento nei grandi interventi appannaggio delle Società di ingegneria, come del resto già previsto per le imprese, non solo a favore di una crescita degli stessi ma anche a vantaggio di un più ampio confronto culturale e di qualità degli interventi”.

Leggi anche l’articolo Servizi in architettura e ingegneria, potere ai piccoli (e ai giovani)?

È evidente come attraverso tale lettera aperta Federarchitetti voglia trasmettere un messaggio eloquente alle Istituzioni ed ai partiti, sollecitando l’attenzione su questi temi tuttora irrisolti. Scarica qui la lettera integrale per una visione complessiva della questione.

Redazione Tecnica

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