Abuso edilizio: il Comune acquisisce in via automatica ciò che non è demolito

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L’acquisizione gratuita al patrimonio comunale di quanto costruito con abuso edilizio non si configura alla stregua di un provvedimento di autotutela, bensì nella forma di una effettiva sanzione emergente in via diretta dalla legge a causa del mancato adempimento dell’ordine, impartito dal Comune stesso, di demolire opere abusive e ripristinare lo stato dei luoghi.

A parere del Consiglio di Stato (espresso mediante sentenza 4 marzo 2015, n. 1064, relativa all’ottenimento gratuito di un’opera abusiva per variazione essenziale dell’originaria concessione edilizia), l’acquisizione avviene infatti di diritto, in quanto effetto ricondotto direttamente dalla legge, secondo l’articolo 31, commi 3 e 4, del Testo Unico dell’Edilizia (d.P.R. 380/2001), all’inottemperanza dell’ordine di demolizione.

In tale direzione l’accertamento che il Comune svolge coi propri tecnici, una volta scaduti i 90 giorni per ottemperare, assume mero carattere dichiarativo dell’effetto traslativo della proprietà già verificatosi con la scadenza del termine rimasto inadempiuto (e non costitutivo).

La scadenza del termine dei 90 giorni, secondo i supremi giudici amministrativi, è quindi il presupposto che fa scattare l’operatività automatica della sanzione amministrativa consistente nel trasferimento coattivo della proprietà. L’accertamento dell’inottemperanza costituisce il “titolo per l’immissione nel possesso e la trascrizione nei registri immobiliari”, in base all’articolo 31, comma 4 del Testo Unico dell’Edilizia.

Per ulteriori informazioni in materia leggi anche l’articolo Abusi edilizi, niente sanatoria con le foto di Google Earth.

L’obbligatorietà di tale provvedimento sanzionatorio non esclude, d’altra parte, l’applicazione del principio amministrativo di proporzionalità: alla luce di tale principio il bene da acquisire non solo deve essere individuato con sufficiente precisione, ma nell’applicazione della sanzione l’amministrazione comunale può acquisire l’area “in misura graduata e strettamente necessaria all’obiettivo dell’interesse pubblico perseguito”. Ciò alla luce di quanto impartito dall’articolo 31, comma 3 del Testo Unico dell’Edilizia: ovverosia, l’area acquisita non può essere superiore a 10 volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita.

La linea di demarcazione fra opera edilizia legittimamente realizzata ed opera abusiva è spesso labile o di dubbia identificazione. Errare nella individuazione della fattispecie e del relativo procedimento può portare a gravi conseguenze giuridiche e giurisdizionali, anche penali. Per una chiave di lettura chiara ed esaustiva della complessa materia Maggioli Editore consiglia il volume Gli abusi edilizi, firmato dall’avvocato Emanuele Montini: l’opera parte dalla individuazione tipologica delle opere edilizie, transitando ad una analisi puntuale dei procedimenti, delle sanzioni, soffermandosi anche sugli aspetti rilevanti del contenzioso amministrativo in materia di abusi.

Redazione Tecnica

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