Idoneità statica degli edifici e Regolamenti comunali locali – parte 1

Nicola Mordà 17/02/15
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La nota prende spunto dalla recente entrata in vigore del nuovo Regolamento Edilizio del comune di Milano. Tale regolamento, per gli edifici più vetusti, impone una verifica delle condizioni di sicurezza, attestate da un tecnico competente, in una specifica certificazione sulla situazione statica dell’immobile, ed eventualmente l’emissione del competente certificato di collaudo statico.

Si tratta, a parere dello scrivente, di un approccio corretto sotto vari profili: tutela della incolumità pubblica, corretta attribuzione di giudizi di valore agli immobili e tutela e mantenimento del valore economico del patrimonio immobiliare.

La nota sarà divisa in due parti: nella prima, qui esposta, si presenta il quadro generale della situazione degli immobili in Italia, si individua lo scenario normativo di riferimento per la certificazione di idoneità statica richiesta dal citato regolamento edilizio, e si tratteggiano gli orientamenti giurisprudenziali sul tema delle false dichiarazioni in edilizia, rimandando sin da ora agli esperti del settore legale.

Nella seconda parte, oggetto di una successiva nota, si entrerà maggiormente in dettaglio sui protocolli di letteratura oggi disponibili in tema d’idoneità statica, e sarà analizzato in dettaglio e raccordato il disposto del nuovo regolamento.

Il fine di tali note è quello di fornire un quadro sufficientemente completo, utile ai tecnici certificatori, ai tecnici cui tali documenti saranno indirizzati (che in ogni caso non possono ritenersi sollevati dal loro ruolo di controllo in presenza di certificazioni redatte in modo approssimativo e inesatte per carenza di basi di supporto) ed infine ai committenti e gestori dei beni.

Non si ritiene per nulla aderente allo spirito intrinseco delle prescrizioni di legge, ne utile per qualsiasi interlocutore, l’emissione di un documento privo di adeguato supporto diagnostico-analitico, basato solo sull’evidenza dello status quo della costruzione.

Difatti, la valutazione della sicurezza deve tendere a misurare la distanza delle condizioni attuali da ogni possibile crisi statica, cosa che il solo stato di fatto spesso non è in grado nemmeno di accennare.

Il regolamento incide anche sugli obblighi dei notai in fase di redazione degli atti di compravendita, obbligandoli all’acquisizione nelle documentazione di rito di tale documentazione.

È facile immaginare le conseguenze di una dichiarazione di idoneità statica redatta in modo approssimativo che poi è soggetta a contestazioni post-transazione.

È quindi corretto, si ripete, l’approccio normativo intrapreso dal Comune di Milano, alla luce dello scenario immobiliare descritto qui di seguito.

Patrimonio edilizio

Il patrimonio edilizio nazionale è da 57,8 milioni di unità immobiliari censite di cui il 53% sono abitazioni. Rispetto agli ultimi dati del censimento ISTAT 2001, il numero di edifici con più di 50 anni rappresenta circa il 46% del totale, come riportato alla seguente tabella 1.

Tabella 1: Epoca di costruzione delle abitazioni (ISTAT 2001)
Idoneità statica degli edifici. Tabella 1: Epoca di costruzione delle abitazioni (ISTAT 2001)

Alla seguente tabella 2, ottenuta dai dati della precedente tabella, si deduce che il 18% dell’intero patrimonio abitativo nazionale risulta in condizioni di pessimo e/o mediocre stato di conservazione.

Tabella 2: Ripartizione edifici abitativi per stato di conservazione (ISTAT 2001)
Idoneità statica degli edifici. Tabella 2: Ripartizione edifici abitativi per stato di conservazione (ISTAT 2001)

Tale obsolescenza, funzionale e strutturale, del patrimonio esistente rappresenta un deficit rispetto alle attuali dinamiche socio-demografiche, ai mutati scenari normativi tecnici ed alle esigenze di carattere gestionale.

Sotto il profilo delle macro-tipologie costruttive, la tabella 3 seguente ne evidenzia la ripartizione con riferimento alle aree geografiche classificata dall’ISTAT.

Tabella 3: Ripartizione complessiva delle tipologie costruttive (ISTAT 2001)
Idoneità statica degli edifici. Tabella 3: Ripartizione complessiva delle tipologie costruttive (ISTAT 2001)

È interessante notare come gran parte del patrimonio costruito sia realizzato in muratura portante, e di questi circa il 78% ha oltre 40 anni di servizio.

Problematiche comuni alle costruzioni esistenti

L’anzianità di servizio degli immobili pone una serie di problemi pratici nel momento in cui essi devono essere oggetto di intervento edilizio.

Difatti, le norme sulle costruzioni (NTC2008)  mettono in evidenza che

  1. la costruzione riflette lo stato delle conoscenze al tempo della sua realizzazione;
  2. possono essere insiti e non palesi difetti di impostazione e di realizzazione;
  3. la costruzione può essere stata soggetta ad azioni, anche eccezionali, i cui effetti non siano completamente manifesti;
  4. le strutture possono presentare degrado e/o modificazioni significative rispetto alla situazione originaria.

Le Istruzioni di accompagnamento alle norme precisano ulteriormente il senso delle precedenti definizioni:

“ Il problema della sicurezza delle costruzioni esistenti è di fondamentale importanza in Italia, da un lato per l’elevata vulnerabilità, soprattutto rispetto alle azioni sismiche, dall’altro per il valore storico-architettonico-artistico-ambientale di gran parte del patrimonio edilizio esistente. A ciò si aggiunge la notevole varietà di tipologie e sub-tipologie strutturali, quali, ad esempio nell’ambito delle strutture murarie, quelle che scaturiscono dalle diversificazioni delle caratteristiche dell’apparecchio murario e degli orizzontamenti, e dalla presenza di catene, tiranti ed altri dispositivi di collegamento.

Ne deriva una particolare complessità delle problematiche coinvolte ed una difficile standardizzazione dei metodi di verifica e di progetto e dell’uso delle numerose tecnologie di intervento tradizionali e moderne oggi disponibili.”

Ed inoltre esse ricordano che “… è opportuno che gli interventi, anche non sismici, siano primariamente finalizzati alla eliminazione o riduzione significativa di carenze gravi legate ad errori di progetto e di esecuzione, a degrado, a danni, a trasformazioni, etc. per poi prevedere l’eventuale rafforzamento della struttura esistente, anche in relazione ad un mutato impegno strutturale.”

In questo scenario deve anche inserirsi la frequente carenza di conoscenza dello stato di fatto dell’immobile già solo in termini di layout distributivi interni.

Spesso sono stati soggetti ad interventi non dichiarati o eseguiti in completa difformità da qualsiasi standard di sicurezza, o con attenzione limitata ad aspetto di sicurezza locale, senza considerare l’incidenza sulla statica (e dinamica si direbbe oggi) complessiva della fabbrica.

È quindi evidente la potenziale pericolosità di taluni edifici e la necessità di mettere ordine in tale scenario, alla luce della tutela dell’incolumità pubblica, prima, e della preservazione economica del bene, poi.

Il nuovo regolamento edilizio di Milano

È di recente entrato in vigore il nuovo Regolamento Edilizio del Comune di Milano. Esso introduce una serie di novità che sono concettualmente inquadrabili nello scenario discusso al paragrafo precedente.

La novità più importante riguarda l’obbligatorietà di esecuzione di specifiche verifiche, volte a individuare le condizioni di sicurezza degli immobili che ricadono in alcune fattispecie.

Si riportano gli articoli del regolamento che sono interesse per la presente discussione.

Art.11 – MANUTENZIONE E REVISIONE PERIODICA DELLE COSTRUZIONI

 […]

6. Tutti i fabbricati, entro 50 anni dalla data di collaudo delle strutture, o in assenza di questo, dalla loro ultimazione, dovranno essere sottoposti ad una verifica dell’idoneità statica di ogni loro parte secondo la normativa vigente alla data del collaudo o, in assenza di questo, alla data di ultimazione del fabbricato, che dovrà essere certificata da un tecnico abilitato.

A tale verifica dovranno essere sottoposti anche gli edifici interessati, per almeno la metà della loro superficie, da cambio di destinazione d’uso, da interventi di manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo e ristrutturazione se non sussistono gli estremi di legge per un nuovo collaudo statico.

Tali certificazioni dovranno poi essere allegate al fascicolo del fabbricato o alla documentazione dell’edificio come indicato all’Articolo 47 del presente Regolamento e dovranno indicare la scadenza oltre la quale è necessaria la successiva verifica.

Entro 5 anni dall’entrata in vigore del presente Regolamento, tutti i fabbricati esistenti ultimati da più di 50 anni o che raggiungeranno i 50 anni in questo periodo non in possesso di certificato di collaudo, dovranno essere sottoposti a tale verifica e certificazione.

Entro 10 anni dall’entrata in vigore del presente Regolamento, tutti i fabbricati esistenti con data di collaudo delle strutture superiore a 50 anni o che raggiungeranno i 50 anni in questo periodo, dovranno essere sottoposti a tale verifica e certificazione.

Il certificato di idoneità statica dovrà anche indicare gli elementi strutturali che potrebbero non essere idonei per le normative vigenti al momento della redazione del certificato stesso pur non inficiandone la sua regolarità.

Tale certificato dovrà essere integrato da una relazione sullo stato di conservazione degli elementi strutturali “secondari” e degli elementi non strutturali dell’edificio (parapetti, facciate, tamponamenti, ecc.), ponendo particolare attenzione al rischio di crollo di elementi esterni e/o su zone comuni e alla presenza di lesioni e cedimenti in atto, così come indicati nel par. 7.2.3 delle Norme Tecniche del D.M. 14.01.2008, anche redatta da un altro tecnico abilitato.

Nel caso del mancato rilascio di tale certificazione nei limiti temporali previsti viene meno l’agibilità dell’edificio o delle parti di questo non certificate.

In caso di compravendita i notai dovranno allegare tali certificazioni all’atto di vendita.

Il comma 6 dell’Art. 11 appena riportato impone una verifica sulle condizioni statiche generali e locali dell’immobile e in alcuni casi anche l’emissione del certificato di collaudo, a seconda delle classi temporali ivi riportate.

Il regolamento individua delle linee guida per la redazione di tale documentazione di valenza strutturale e si raccorda con le attuali norme tecniche per le costruzioni il D.M. 14.01.2008.

Inoltre sono imposti due forti deterrenti in caso di inadempienza:

1. revoca dell’agibilità dell’immobile;

2. possibile inalienabilità del bene, ricadendo tale documentazione nelle certificazioni da allegare all’atto di compravendita.

Il regolamento, infatti, incide anche sugli obblighi dei notai in fase di redazione degli atti di compravendita, obbligandoli all’acquisizione nella documentazione di rito di tali documenti tecnici.

È facile immaginare le conseguenze di una dichiarazione di idoneità statica redatta in modo approssimativo che poi è soggetta a contestazioni post-transazione.

Idoneita’ statica nell’attuale legislazione edilizia

Il RE riporta la locuzione “idoneità statica” da intendere, si ritiene, come attitudine della struttura a sostenere in sicurezza le azioni che la cimentano nell’attuale assesto strutturale.

In tal senso è quindi chiaro che una struttura può, al limite, risultare inidonea.

Si ritiene importante entrare con maggior dettaglio sul tema della idoneità statica per dissipare alcune sovrapposizioni normative che utilizzano tale concetto e tentare, come peraltro indicato dal RE di Milano, un raccordo concettuale tra la meccanica delle strutture, quindi la realtà fisica degli edifici, e gli aspetti tecnico-burocratici dei regolamenti.

Una cosa deve essere puntualizzata sin da ora: la dichiarazione di idoneità (o certificazione), non può essere certamente ricondotta ad un documento meramente burocratico, ma è il risultato di una precisa procedura diagnostica-interpretativa fondata su base sperimentale-analitica.

Il Consiglio Nazionale degli Ingegneri (CNI), con nota dell’ 11/6/2010 ha raccomandato “di porre particolare attenzione al fatto che il certificato di idoneità statica è uno strumento introdotto e valido esclusivamente nel campo di applicazione della legge n.47/1985 sul condono edilizio e non può essere sostitutivo e/o alternativo al collaudo statico di cui alla legge 1086/1971”.

In tal senso si allinea anche il disposto dell’art. 11 del RE, dato che prevede delle scansioni temporali per dotare gli immobili del necessario collaudo statico.

La nota del CNI è importante dato che riporta l’idoneità statica alla sua origine giuridica, a sua volta fondata su base epistemologica.

Volendo comunque inquadrare il nuovo disposto normativo del RE in tale ambito occorre ricordare che la Legge 28 febbraio 1985, n. 47, s.m.i., riporta le “Norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia. Sanzioni amministrative e penali”; essa disponeva che ai fini della sanatoria, ai sensi all’art. 35 comma 3 lett. C), occorreva una“ certificazione redatta da un tecnico abilitato all’esercizio della professione attestante l’idoneità statica delle opere eseguite

Sempre al medesimo art. 35, comma 4 la legge rimandava ad un successivo decreto che diede le linee guida per la redazione della certificazione di idoneità statica.

Esse sono raccolte nel seguente disposto normativo:

– DM 15 maggio 1985Accertamenti e norme tecniche per la certificazione di idoneità statica delle costruzioni abusive (art. 35, comma 4, Legge 28 febbraio 1985 n. 47)

Tale decreto prevedeva (Art. 1. ) che “ Il certificato di idoneità statica deve essere allegato alla  domanda  di concessione o di autorizzazione in sanatoria quando le  opere  abusivamente  eseguite  abbiano  un  volume  complessivo superiore a 450 mc ovvero siano comprese in edifici aventi volumetria complessiva superiore a quella ora indicata.

L’art. 2 prevedeva una serie di passi per il rilascio del certificato di idoneità statica, in relazione alla tipologia della struttura, che sono sintetizzati nella tabella 4.

Strutture in c.a. o in carpenteria metallica
Strutture in muratura
Operazioni preliminari.– Controllo dei materiali.

Verifiche dimensionali

– Prove di carico.

– Sopraelevazioni e interventi localizzati

– Costruzioni in zona sismica.

i) eseguite prima della classificazione sismica

ii) eseguite dopo la classificazione sismica.

Operazioni preliminari.– Controllo dei materiali.

Particolari costruttivi

– Sopraelevazioni e interventi localizzati.

– Costruzioni in zona sismica

Idoneità statica degli edifici. Tabella 4: Percorso di verifica di Idoneità Statica costruzioni abusive legge 47/1985 – D.M. 15 maggio 1985

È evidente come, pur senza entrare nel dettaglio delle singole prescrizioni, che il percorso di acquisizione delle informazioni geometriche, meccaniche ecc., è ampiamente sovrapponibile con quanto previsto dalle attuali norme tecniche per le costruzioni.

Pertanto anche una richiesta di idoneità statica, ai sensi del disposto della legge 47/1985, innesca un percorso diagnostico-analitico ben preciso tanto quanto quello previsto nel §8 del DM 14 gennaio 2008 e della successiva Circolare 617/2009 di istruzioni alle NTC.

Nello specifico le NTC e la Circolare 617/09 prevedono le seguenti fasi.

Fase Scopo Rif. NTC Ambito
A Esecuzione dell’Analisi storico-critica §8.5.1 Architettonico
B Esecuzione dei Rilievi: architettonico e strutturale §8.5.2 Architettonico e strutturale
C Caratterizzazione meccanica dei materiali §8.5.3 Strutturale/diagnostico
D Individuazione dei Livelli di Conoscenza (LC) e Fattori di Confidenza (FC) §8.5.4 Strutturale/diagnostico
E Analisi ed eventuale progetto di intervento §8.3-8.4 Strutturale/diagnostico

Idoneità statica degli edifici. Tabella 5: Fasi del percorso di sicurezza

Nella parte seconda della nota si entrerà con maggior dettaglio sul percorso metodologico di verifica per la redazione della dichiarazione di idoneità statica.

Responsabilita’ penali degli uffici tecnici

Sembra essersi consolidato il concetto che la certificazione sia un mero documento, vuoto e di pura valenza burocratica, da allegare ad una pratica al fine di completarla rispetto ad una lista di documenti preconfezionata. Senza un controllo sostanziale e con la falsa visione che la firma apposta dal certificatore sgravi di ogni onere tutte le parti, la certificazione di idoneità statica rischia di distorcere il significato di tutela che essa racchiude. In questa ipotesi diventa un inutile appesantimento burocratico ed economico, e sotto questo profilo lo sforzo deve essere minimizzato, accettando eventualmente illecite approssimazioni.

Senza pretese di sconfinare nel campo giuridico, che è di stretta pertinenza di ben più autorevoli esperti, l’autore ritiene utile riportare, alla luce della premessa appena fatta, alcune note di giurisprudenza.

Gli esperti di materia legale ammoniscono rispetto a tale consuetudine, ricordando che “tendenzialmente, ai fini della legge penale, la qualifica giuridica attribuibile a colui che, debitamente abilitato, rilasci un determinato certificato è quella di persona privata esercente un servizio di pubblica necessità, ai sensi dell’art. 359 C.P.” (1)

Codice Penale – Art. 359. – Persone esercenti un servizio di pubblica necessità.

Agli effetti della legge penale, sono persone che esercitano un servizio di pubblica necessità:

1) i privati che esercitano professioni forensi o sanitarie, o altre professioni il cui esercizio sia per legge vietato senza una speciale abilitazione dello Stato, quando dell’opera di essi il pubblico sia per legge obbligato a valersi;

2) i privati che, non esercitando una pubblica funzione, né prestando un pubblico servizio, adempiono un servizio dichiarato di pubblica necessità mediante un atto della pubblica amministrazione

Secondo la letteratura giuridica “i certificati sono i documenti nei quali si attesta la verità o la scienza di determinati fatti o situazioni”

Secondo la Cassazione, il livello di responsabilità penale previsto dall’art. 29 comma 3 del DPR 380/2001 impone al tecnico il ruolo “di persona esercente un servizio di pubblica necessità ai sensi degli artt. 359 e 481 C.P., e relative responsabilità“ (Sentenza n. 1818/2009).

Codice Penale  Art. 481. – Falsità ideologica in certificati commessa da persone esercenti un servizio di pubblica necessità.

Chiunque, nell’esercizio di una professione sanitaria o forense, o di un altro servizio di pubblica necessità, attesta falsamente, in un certificato, fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da euro 51 a euro 516.

Tali pene si applicano congiuntamente se il fatto è commesso a scopo di lucro.

I Giudici della Corte di Cassazione, (Cass. Pen., sez. III, 21.10.2008 n. 1818) ricordano il significato etimologico della parola asseverare, che, in lingua italiana, è una “dichiarazione di particolare rilevanza e cui viene ascritto un particolare valore di veridicità, affidabilità, e comprova della verità.”

Ancora, in una successiva sentenza viene riproposto il concetto “ Il termine “asseverare” ha il significato di <<affermare con solennità>>, e cioè di porre in essere una dichiarazione di particolare rilevanza formale e di particolare valore nei confronti dei terzi quanto a verità – affidabilità del contenuto” (Cass. Pen, Sez. III, 16/07/2010 Sentenza n. 27699)

Ne consegue quindi, secondo la giurisprudenza, che una “… asseverazione del progettista […] ha natura di “certificato”, sicché risponde del delitto previsto dall’art. 481 c.p. il professionista che redige la suddetta relazione di corredo, attestando, contrariamente al vero, la conformità agli strumenti urbanistici” (Cass. Pen., sez. III, 21.10.2008 n. 1818).

L’orientamento giuridico è dunque costante: una certificazione, se resa in modo non vero, ricade appieno nel reato di falso previsto dai predetti articoli del C.P..

 

La Suprema corte ha inoltre irrobustito il quadro giuridico, sancendo che non solo i dati fattuali, ma anche un giudizio o una previsione possono essere ideologicamente falsi qualora i parametri di valutazione cui si riferiscono sono “anche un giudizio o una previsione possono essere ideologicamente falsi, al pari di un enunciato in fatto, quando i parametri di valutazione cui si riferiscono costituiscano misure obiettivamente verificabili, normativamente determinate o tecnicamente accertabili, e quando tali giudizi provengano da soggetti cui la legge riconosce una determinata competenza e perizia e ai quali, per tale ragione, ne riserva la formulazione” (Cass. Sez. 5, 22/6/2000, Cass. Sez. 5, 24/1/2007, Cass. 13/01/2006 Sentenza n. 27699) (2)

Pertanto, redigere una certificazione di idoneità statica al di fuori dei percorsi metodologici disponibili o sanciti per legge, viola il precetto appena riportata chiaramente espresso negli orientamenti costanti della S.C.

Se appare chiaro che la massima della S.C. dev’essere attentamente valutata da parte dei certificatori, sembra altrettanto chiaro che essa gravi in capo a coloro che devono, d’ufficio, esercitare il ruolo di controllo e garanzia, ed anche su coloro che sono investiti del ruolo di custode della cosa altrui.

Difatti, è opinione dell’Autore, motivata anche da altri autorevoli pareri, che “una firma” apposta dal tecnico certificatore su un documento attestante la sicurezza di un’opera, redatto in assenza di supporti oggettivi (“misure obiettivamente verificabili, normativamente determinate o tecnicamente accertabili”), sembrerebbe anche essere rilevante per il disposto dell’art. 489 del C.P. (3): “Ai sensi dell’art. 489 c.p., si punisce la condotta di chiunque, senza essere concorso nella falsità, faccia uso di un atto falso.  

Affinché si possa avere “uso” è irrilevante la modalità di utilizzo del documento, essendo necessario che si tratti di un vero e proprio uso e non di meri atti preparatori in quanto, ragionando a contrario, si correrebbe il rischio di una eccessiva anticipazione della soglia di punibilità.

Per quanto attiene all’elemento psicologico è necessaria la conoscenza della falsità del documento e la volontà di adoperare il medesimo a fini probatori; è indispensabile che l’agente utilizzi il documento come se fosse vero.”

Si ritiene particolarmente utile la disamina appena compiuta al fine di scardinare sul nascere eventuali rilasci, ed accettazioni, di certificazioni redatte fuori dai canali deontologici, al solo fine di esperire una prescrizione regolamentare al minimo costo.

Dev’essere predominante il sottofondo di tutela che il regolamento impone e non l’economia da conseguire a scapito della pubblica tutela e, in taluni casi, dei diritti del consumatore.


(1) R. Bergaglio  “Possibili implicazioni penali nella professione”  La responsabilità dell’ingegnere – FOIM  maggio 2011

(2) A. Cisterna, A. Larussa “I delitti di falso. Tecniche di tutela. Singole domande. Profili processuali”  Wolters Kluwer Italia, 2010

(3) S. Marani “Falso”  Altalex 4 febbraio 2013

Nicola Mordà

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