Il Piano Città è morto, arriva la Riqualificazione delle periferie: ecco come farla funzionare

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L’emendamento alla Legge di Stabilità dedicato allo Sviluppo e al Piano nazionale per la rigenerazione e riqualificazione delle periferie e delle aree urbane degradate ha il suo grosso limite negli obiettivi generici e nella mancanza di una visione. È quanto affermato dal Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori.

“L’emendamento del Governo alla Legge di Stabilità e Sviluppo che predispone un Piano nazionale per la rigenerazione e riqualificazione delle periferie e delle aree urbane degradate, con un investimento di 50 milioni per il 2015 e altri 150 per il 2016 e il 2017, sembrerebbe finalmente dare l’avvio a una seria politica di sviluppo delle città e rigenerazione delle periferie se, ancora una volta, non si volesse poi attuarla con i metodi bizantini propri della vecchia politica italiana. Il Piano nazionale sostituisce, infatti, il Piano Città del 2012, i cui limiti di visione e di organizzazione ne hanno decretato il sostanziale fallimento, riproducendone la carenza di progetto e un’assurda burocrazia nel processo di attuazione”.

Il limite dell’emendamento dedicato alla riqualificazione delle periferie è quello di definire  genericamente obiettivi e parametri di selezione dei progetti, senza una visione chiara e motivata della strategia e della sua stretta connessione con lo sviluppo sostenibile dell’Italia. In più, ripetendo l’errore fatto con il Comitato per le politiche urbane, istituisce un Nucleo di valutazione dei progetti interministeriale composto, se abbiamo fatto bene i conti, da almeno 15 persone a cui, dopo l’approvazione del bando (31 marzo 2015) i Comuni dovranno trasmettere i progetti “tempestivamente cantierabili” che saranno selezionati entro la fine di settembre per il finanziamento”.

Nel resto d’Europa, in effetti,  i Piani di rigenerazione urbana e riqualificazione delle periferie partono da una strategia precisa e condivisa, da cui discendono i principi di selezione per gli investimenti statali, gestiti da un Nucleo in cui un rappresentante del Governo, uno delle Regioni e uno dei Comuni sono affiancati da un gruppo ristretto di advisor (esperti di architettura e pianificazione, finanza di progetto, sociologia) con l’esperienza adatta per aiutare nella selezione delle priorità.

“Il Piano Città del 2012 è fallito esattamente perché non era chiara la strategia, e di conseguenza i criteri di selezione; il CEPU era troppo numeroso e composto solo di funzionari ministeriali; i progetti vecchi o allestiti senza soldi in poche settimane; i procedimenti burocratici faticosi. Così come progettato il Piano del Governo subirà la stessa sorte”.

“Chiediamo al Governo, al Senato e alla Camera di rimettere mano all’emendamento sulla riqualificazione delle periferie per non perdere l’ennesima occasione di avviare una’agenda urbana efficace”.

“Sulla base della strategia – conclude il Consiglio Nazionale –  serve poi  finanziare un parco progetti innovativi e sostenibili  che siano  seguiti da una Unità di missione o Agenzia leggera, competente ed efficiente sull’esempio delle Unità di Missione per le scuole e il rischio idrogeologico che stanno dando buona prova di sé. L’ultimo step è quello di  integrare questa politica con le azioni e i finanziamenti comunitari, così come gli architetti italiani predicano da anni.”

Con la Legge di Stabilità e il Piano nazionale per la rigenerazione e riqualificazione delle periferie e delle aree urbane degradate bisogna stabilire, in tre mesi, quale sia la strategia complessiva da attuare per i prossimi dieci anni, mettendo attorno al tavolo le intelligenze italiane con l’esperienza adatta, quelle che si occupano già di periferie.

Come maestro della riqualificazione delle periferie, gli Architetti propongono il Senatore a vita Renzo Piano.

Redazione Tecnica

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