Liberi professionisti in Italia: i fondi europei non decollano

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Un vero e proprio esercito, quello dei liberi professionisti italiani che conta un milione di effettivi e fa sì che il nostro Paese si ponga al vertice dell’Europa come numero di occupati. La Germania, seconda in classifica, ha 970.000 professionisti, seguita dal Regno Unito con 717.000. Staccate la Francia e la Spagna con, rispettivamente, 576.000 e 345.000 unità.

È questa la fotografia del mondo delle libere professioni emerso dal recente Congresso Nazionale degli Ingegneri che si è tenuto a Caserta e certificata dall’analisi del centro Studi del CNI dal titolo Analisi del sistema ordinistico nella prospettiva internazionale: ipotesi di lavoro e confronti.

Con la crisi le libere professioni crescono
Un dato particolare che emerge dallo studio è la forte crescita del numero di impiegati nel mondo dei liberi professionisti, passato da 4,6 milioni nel 2008 ai 5,2 milioni nel 2012 in Europa. Come detto, l’Italia si pone al primo posto in questa classifica con il suo milione di unità.

“Un esercito di professionisti in cerca di nuovi spazi ed opportunità”, commentano gli Ingegneri, che rimarcano la necessità di sapere sfruttare al meglio il sistema dei fondi europei, per la prima volta messi a disposizione anche per i liberi professionisti (leggi anche l’articolo dell’ing. Mauro Cappello Fondi comunitari: ecco tutti i vantaggi per i liberi professionisti).

Sono altre due le conseguenze per i professionisti italiani: da un lato la necessità di varcare i confini nazionali alla ricerca di nuove opportunità di lavoro e, dall’altro, l’esigenza di organizzare in maniera differente il lavoro degli studi professionali.

I fondi ci sono, ma non l’efficienza
È un vecchio problema del nostro Paese. Infatti, il deficit di spesa e di attuazione dei programmi operativi regionali evidenziano che le strategie adottate in Italia per gestire i fondi europei siano deboli ed inefficaci.

Per quanto riguarda i fondi strutturali, i dati complessivi evidenziano un ritardo netto accumulato dal nostro paese. Al 15 aprile 2014, la percentuale di risorse spese ammontava per l’Italia al 54,3% contro, ad esempio, l’83,5% del Portogallo ed il 79,3% della Grecia.

“Se è vero, poi, che il sistema di finanziamento è costruito per i grandi enti di ricerca e le grandi imprese”, annotano gli Ingegneri, “le piccole e medie imprese della Germania hanno dimostrato una capacità più che doppia, rispetto a quelle italiane, di accedere ai fondi. Appare necessario, quindi, un radicale mutamento della governance nazionale dei fondi europei, con un nuovo indirizzo più inclusivo per le PMI ed i centri di ricerca”.

La situazione viene confermata dalle parole di Luigi Ronsivalle, presidente del Centro Studi del CNI. “Nel nostro Paese – ha specificato Ronsivalle – non pare vi siano ancora le condizioni per un effettivo coinvolgimento del sistema professionale sia nelle procedure di programmazione, sia nel partenariato. Né pare vi sia una reale volontà dei decisori di coinvolgere le professioni come beneficiari o destinatari delle varie iniziative”.

Rimane dunque il fatto che l’Italia è ancora in forte ritardo nell’utilizzo dei fondi europei. Un ritardo che i liberi professionisti italiani non possono permettersi di scontare.

Mauro Ferrarini

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