Dalle casse di previdenza privata risorse per il Paese? Sì, ma con giudizio

Scarica PDF Stampa

L’operazione è stata chiamata “Uovo di Colombo” dalla Commissione parlamentare di controllo sulle attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale.

Di cosa si tratta? In estrema sintesi dagli investimenti delle casse di previdenza dei professionisti (e di tutte quelle private in genere) si potrebbe generare un flusso di risorse finanziarie di circa 10-15 miliardi l’anno da immettere nel circuito dell’economia reale del Paese, in grado di provocare un effetto moltiplicatore fino a 30 miliardi.

Ad affermarlo è stato Lello Di Gioia, il presidente della Commissione, che ha dunque aperto a questa possibilità. I rappresentati delle casse di previdenza non hanno chiuso la porta all’ipotesi, ponendo però dei paletti ben precisi. Non bisogna dimenticare, infatti, che si tratta di fondi destinati alle pensioni dei professionisti e non di risorse di esclusiva proprietà dello Stato.

Anzitutto, come ha chiarito la stessa Commissione, occorrerebbe fare chiarezza sul regime di doppia tassazione che vige attualmente sulle rendite finanziarie generate dai capitali gestiti dalle casse di previdenza.

Eh già! Infatti, mentre negli altri Paesi europei tali rendite sono soggette a regimi fiscali leggerissimi (al massimo il 3%), qui in Italia esiste una tassazione sulle operazioni delle casse (fase di gestione) e una seconda sulla fase di erogazione del denaro, quindi, in sostanza, sulle pensioni.

E per fortuna che l’innalzamento dell’imposizione fiscale sulle rendite finanziarie, elevata dal 20 al 26% dal Governo Renzi ha risparmiato (almeno per ora) i capitali della gestione del risparmio previdenziale.

Insomma, l’idea in sé non è male. Significherebbe distrarre da investimenti esteri a investimenti nazionali una quota parte del denaro gestito dalle casse che fanno capo all’Adepp, l’associazione degli enti della casse private di previdenza, ma vanno rispettate alcune norme imprescindibili.

Quali? Per esempio, ha spiegato al Sole 24 Ore Renzo Guffanti, presidente della cassa di previdenza dei dottori commercialisti, occorre assicurare “un ruolo attivo all’ente nella scelta degli investimenti o alla partecipazione dei comitati di gestione”.

Un altro punto su cui le casse hanno già dichiarato di non essere disposte a scendere a compromessi, oltre alla questione della “doppia tassazione”, è quella della spending review, cui è stata assoggettata anche la gestione del risparmio previdenziale privato.

Il tavolo di discussione è dunque aperto e ve ne forniremo i dettagli nelle prossime settimane.

Mauro Ferrarini

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento