Fascia di rispetto dei corsi d’acqua, inedificabilità assoluta o derogabile?

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L’articolo 96 del regio decreto 25 luglio 1904, n. 523 Testo unico sulle acque pubbliche prevede l’inedificabilità nella fascia di rispetto dei corsi d’acqua, ma si tratta di inedificabilità assoluta oppure esistono le condizioni per la deroga a tale norma?

La II Sezione del Tribunale Amministrativo della Regione Lombardia, Sede di Brescia, con la sentenza 2 ottobre 2013, n. 814, ha ritenuto ostativa la mancata osservanza della distanza minima dal corso d’acqua stabilita dal citato articolo 96 del r.d. 523 del 1904 per ragioni di sicurezza idraulica, poiché non sono condivisibili i rilievi sulle circostanze che il manufatto non impedisce il corretto deflusso delle acque né le opere di manutenzione, e che in oltre 50 anni non si sono mai verificati pericoli.

La giurisprudenza civile e amministrativa si attesta sul canone per il quale “in linea generale il divieto di costruzione di opere dagli argini dei corsi d’acqua, previsto dall’art. 96, lett. f), del Testo Unico 25 luglio 1904, n. 523, ha carattere legale, assoluto e inderogabile, ed è diretto al fine di assicurare non solo la possibilità di sfruttamento delle acque demaniali, ma anche e soprattutto il libero deflusso delle acque scorrenti nei fiumi, torrenti, canali e scolatoi pubblici (Cassazione civile, sezioni unite, 30 luglio 2009, n. 17784)”.

La norma suddetta risponde all’evidente finalità di interrompere la pericolosa tendenza a occupare gli spazi prossimi al reticolo idrico, sia a tutela del regolare scorrimento delle acque sia in funzione preventiva rispetto ai rischi per le persone e le cose che potrebbero derivare dalle esondazioni.

La natura degli interessi pubblici tutelati comporta, pertanto, che il vincolo operi con un effetto conformativo particolarmente ampio determinando l’inedificabilità assoluta della fascia di rispetto (T.A.R. Toscana, sez. III, 8 marzo 2012, n. 439).

In assenza di elementi a suffragio dell’applicazione della deroga contenuta nella lett. f) del citato articolo 96, ne consegue tra l’altro che nessuna opera realizzata in violazione della norma de qua può essere sanata e altresì, che è legittimo il diniego di rilascio di concessione edilizia in sanatoria relativamente ad un fabbricato realizzato all’interno della fascia di servitù idraulica, atteso che, nell’ipotesi di costruzione abusiva realizzata in contrasto con tale divieto, trova applicazione l’articolo 33 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 sul condono edilizio, il quale contempla i vincoli di inedificabilità, includendo in tale ambito i casi in cui le norme vietino in modo assoluto di edificare in determinate aree (TAR Lazio, Latina, Sez. I, 15 dicembre  2010, n. 1981).

Mario Di Nicola

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