Terre, rocce da scavo e garanzie finanziarie

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Così com’è previsto per le discariche, anche per l’utilizzo delle terre e rocce da scavo viene normativamente prevista l’istituzione di garanzie finanziarie che ne accompagnino la gestione.

Come noto, il d.lgs. n. 36/2003 – sulle discariche di rifiuti – prevede che chiunque intenda aprire e/o gestire una discarica di rifiuti deve agire, tra altre cose, con la copertura di garanzie finanziarie, accettate dalle Regioni (che di solito ne prescrivono, con propria regolamentazione, tutte le caratteristiche) prescritte unitamente all’autorizzazione rilasciata.

Dette garanzie vanno commisurate “alla capacità autorizzata della discarica ed alla classificazione della stessa” (v. art. 14, d.lgs. 36/2003). Qualcosa di simile è prevista anche dal d.m. 161/2012 sulle terre e rocce: all’art. 4 (Disposizioni generali), il comma 3 prevede che il proponente del progetto di utilizzo è tenuto a pagare i costi degli interventi delle ARPA (o APPA) per l’organizzazione e lo svolgimento delle attività ispettive e/o istruttorie previste dal decreto stesso, e che tali costi vanno commisurati ad un tariffario nazionale predisposto dall’ISPRA entro tre mesi dalla pubblicazione del decreto in parola (quindi, entro il 21 dicembre 2012, o giù di lì: si confessa la difficoltà di computare termini legali qualora espressi in “mesi” e non in giorni, unitamente alla – non così chiara – previsione dell’art. 155 c.p.c. la quale prevede che “per il computo dei termini a mesi o ad anni si osserva il calendario comune” … ).

Nei successivi tre mesi (quindi, entro il 21 marzo, o giù di lì. Si rimanda alla precedente parentesi…) il Ministro dell’Ambiente deve adottare, con proprio decreto, il tariffario nazionale (così sostituendo il prezzario predisposto nel frattempo dall’ISPRA); inoltre, col medesimo atto, dovrebbero essere definite le modalità di stipula di idonee garanzie finanziarie “qualora l’opera di progettazione ed il relativo Piano di Utilizzo non vada a buon fine”.

Cosa significa? Analizzando attentamente la frase riportata, la domanda appena fatta non sembra così peregrina. Ad una prima e sommaria lettura, si potrebbe dedurre una cosa molto opportuna, e cioè che, in buona sostanza, tutto l’iter di previsione, gestione ed utilizzo di terre e rocce da scavo va accompagnato dalla copertura di “idonee garanzie finanziarie” che scatterebbero qualora “l’opera di progettazione ed il relativo Piano di Utilizzo non vada a buon fine”, nei casi, dunque, di cattiva gestione dei materiali da scavo o, peggio ancora, di improprio utilizzo come sottoprodotti terre/rocce di materiali che tali non sono, agendo in violazione o, in parte qua, in assenza di previsioni di piano (di utilizzo). Una simile ricostruzione, si diceva, è positiva e condivisibile, e applica alle terre/rocce il medesimo stratagemma previsto e funzionante per le discariche.

Ma a ben leggere quella frase ed esaminandola su di un piano squisitamente letterale, si ricava altro: lì si parla, infatti, di “opera di progettazione” e di non andata “a buon fine” del Piano di Utilizzo. Innanzitutto, cos’è l’opera “di progettazione”? il DM 161/2012 definisce cosa sia una “opera” spiegando che si tratta del “risultato di un insieme di lavori di costruzione, demolizione, recupero, ristrutturazione, restauro, manutenzione, che di per sé esplichi una funzione economica o tecnica ai sensi dell’articolo 3, comma 8, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni”.

In altre parole, un’opera, per il decreto in argomento, è un’opera pubblica o privata, nel suo complesso, così come intesa in via ordinaria dalle norme dell’edilizia e dei lavori pubblici (alla cui normativa detta definizione rimanda, ricalcandone il contenuto).

La “progettazione”, invece, è altra cosa: senza addentrarmi in incerte definizioni che chi legge potrebbe facilmente correggere, si tratta senza dubbio di un’attività precedente all’opera, precedente ai lavori necessari alla sua realizzazione. E quindi cosa vuol dire, esattamente, il legislatore? A questo dubbio si aggiunga l’altro che viene dal prosieguo della lettura di quel periodo incriminato (in questa sede, sia chiaro!): le garanzie scatterebbero se non vanno a buon fine l’opera di progettazione “e il relativo Piano di Utilizzo”. Un possibile collegamento tra “progettazione” e Piano di Utilizzo è ricavabile dall’art. 5, espressamente dedicato a quest’ultimo: detta norma prevede che il proponente ha facoltà di presentarlo “in fase di approvazione del progetto definitivo dell’opera”. Ma se è così (e così non può essere!) che senso avrebbe – se non eccessivamente punitivo – far scattare le garanzie se la fase di progettazione definitiva non si compie, non vada “a buon fine”?

Diciamo che forse il legislatore non si è espresso correttamente; e speriamo che volesse davvero intendere, più semplicemente ma altrettanto utilmente, che se vuoi gestire i sottoprodotti “terre/rocce” devi dotarti di opportune ed idonee garanzie, e che se sbagli nella gestione, allora paghi.

Paolo Costantino

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